italian
stringlengths 2
481
⌀ | medieval
stringlengths 2
423
⌀ |
---|---|
È pur vero che io gli dissi scherzando: "Saprei levarmi in aria in volo" | Vero è ch’i’ dissi lui, parlando a gioco: "I’ mi saprei levar per l’aere a volo" |
Il mio animo, spinto da un amaro piacere, credendo di sfuggire il disonore con la morte, mi rese ingiusto contro me stesso, che pure non avevo colpe | L’animo mio, per disdegnoso gusto, credendo col morir fuggir disdegno, ingiusto fece me contra me giusto |
Poi seguii l'imperatore Corrado III | Poi seguitai lo ‘mperador Currado |
La loro voce lo esprime chiaramente quando giungono ai due punti del Cerchio, dove la loro colpa opposta li separa in due schiere distinte | Assai la voce lor chiaro l’abbaia quando vegnono a’ due punti del cerchio dove colpa contraria li dispaia |
Vedi come rifiuta gli strumenti umani, così che non vuole remi, né altra vela che non siano le sue ali, pur in luoghi così lontani | Vedi che sdegna li argomenti umani, sì che remo non vuol, né altro velo che l’ali sue, tra liti sì lontani |
Né i Tartari né i Turchi produssero mai tessuti con più colori, ricami di sfondo e a rilievo, né Aracne realizzò mai tele siffatte | Con più color, sommesse e sovraposte non fer mai drappi Tartari né Turchi, né fuor tai tele per Aragne imposte |
cosicché sarà stato un bene, per te, essertene separato | sì ch’a te fia bello averti fatta parte per te stesso |
Io dirò una cosa incredibile anche se vera: nella antica cerchia muraria si entrava attraverso la porta che prendeva il nome dai Della Pera | Io dirò cosa incredibile e vera: nel picciol cerchio s’entrava per porta che si nomava da quei de la Pera |
Solitario e pensieroso i luoghi più abbandonati vado segnando con il mio passo lento e cadenzato e rivolgo lo sguardo, attento ad evitare ogni luogo toccato da orma umana. | Solo e pensoso i piú deserti campi vo mesurando a passi tardi e lenti, e gli occhi porto per fuggire intenti ove vestigio uman l'arena stampi. |
Io nacqui nel regno di Navarra | I’ fui del regno di Navarra nato |
Vedo bene, o sacra luce, come il libero amore in questo Cielo è sufficiente per eseguire il volere della Provvidenza eterna | Io veggio ben, sacra lucerna, come libero amore in questa corte basta a seguir la provedenza etterna |
Il maestro ed io entrammo in quel cammino nascosto per tornare alla luce del sole | Lo duca e io per quel cammino ascoso intrammo a ritornar nel chiaro mondo |
Così la Terra fu creata degna di tutta la perfezione degli esseri animati | Così fu fatta già la terra degna di tutta l’animal perfezione |
Vedete il re dalla vita semplice, Enrico III d'Inghilterra,che siede là in disparte: questi ha lasciato eredi migliori | Vedete il re de la semplice vita seder là solo, Arrigo d’Inghilterra: questi ha ne’ rami suoi migliore uscita |
Così l'ottavo e il nono cerchio | Così l’ottavo e ‘l nono |
ma per il suo peccato fu così vicino ad esserlo che non sarebbe passato molto tempo | ma per la sua follia le fu sì presso, che molto poco tempo a volger era |
Ti ricordi, e te ne devi ricordare, dell'immagine della donna, quando giunse ad imprimersi nel cuore, là dove forse nessun altra avrebbe potuto suscitare un incendio amoroso. | Ben ti ricordi, e ricordar ten déi, de l' imagine sua, quand' ella corse al cor, là dove forse non potea fiammma intrar per altrui face. |
E poi non si comincia una guerra senza suono delle campane, che invece furono collocate sui campanili per ringraziare dio. | Né senza squille s'incomincia assalto, che per dio ringraciar fur poste in alto. |
E quel frustato pensò di nascondersi abbassando il viso | E quel frustato celar si credette bassando ’l viso |
Io allora mi voltai verso Virgilio e Stazio e vidi che avevano ascoltato queste ultime parole sorridendo | Io mi rivolsi ‘n dietro allora tutto a’ miei poeti, e vidi che con riso udito avean l’ultimo costrutto |
Povero me, giacché non so dove indirizzare la speranza, tante volte si è rivelata illusoria! | Lasso me, ch' i' non so in qual parte pieghi la speme ch' è tradita omai più volte! |
Vieni dietro a noi e troverai il varco | Vieni di retro a noi, e troverai la buca |
Come la madre sembra superba al figlio, così lei sembrava a me | Così la madre al figlio par superba, com’ella parve a me |
amai i miei familiari con un amore eccessivo, che qui si purifica | a’ miei portai l’amor che qui raffina |
Sarò remunerato molto bene: davvero mi sembra la regina di francia, giacché di tutte le altre mi pare la più nobile e cortese. | Guigliardonato serò grandemente: ben mi rasembra reina di franza, poi de l'altre mi pare la più gente. |
fu suora e le fu tolto nello stesso modo il velo dal capo | sorella fu, e così le fu tolta di capo l’ombra de le sacre bende |
I miei occhi erano così fissi e attenti a soddisfare il desiderio che durava da dieci anni, che tutti gli altri miei sensi erano inerti | Tant’eran li occhi miei fissi e attenti a disbramarsi la decenne sete, che li altri sensi m’eran tutti spenti |
Ritrovai il mio maestro che era già montato sulla groppa del feroce animale, e mi disse: | Trova’ il duca mio ch’era salito già su la groppa del fiero animale, e disse a me: |
immagini la parte bassa di quel corno dell'asse attorno a cui ruota il Primo Mobile, come se queste stelle avessero formato due corone in cielo, simili a quella in cui Arianna, vicina alla morte, si tramutò | imagini la bocca di quel corno che si comincia in punta de lo stelo a cui la prima rota va dintorno, aver fatto di sé due segni in cielo, qual fece la figliuola di Minoi allora che sentì di morte il gelo |
Adesso resta, lettore, sopra il tuo banco, pensando a ciò che ti dico e che si preannuncia, se vuoi rallegrarti prima di essere stanco | Or ti riman, lettor, sovra ‘l tuo banco, dietro pensando a ciò che si preliba, s’esser vuoi lieto assai prima che stanco |
Esse hanno grandi ali, colli e volti umani, zampe artigliate e un gran ventre piumato | Ali hanno late, e colli e visi umani, piè con artigli, e pennuto ’l gran ventre |
Mentre io li guardavo attentamente, un serpente a sei piedi assalì uno di loro e si aggrappò tutto al dannato | Com’io tenea levate in lor le ciglia, e un serpente con sei piè si lancia dinanzi a l’uno, e tutto a lui s’appiglia |
La spada del Paradiso non colpisce né troppo presto né troppo tardi, salvo che secondo il parere di colui che l'attende, con desiderio o timore | La spada di qua sù non taglia in fretta né tardo, ma’ ch’al parer di colui che disiando o temendo l’aspetta |
e Barbariccia sia a capo dei dieci diavoli | e Barbariccia guidi la decina |
Nell'ora, credo, in cui Venere mattutina apparve da oriente sul monte, mi sembrava di vedere in sogno una donna giovane e bella che passeggiava in una pianura, cogliendo fiori | Ne l’ora, credo, che de l’oriente, prima raggiò nel monte Citerea, che di foco d’amor par sempre ardente, giovane e bella in sogno mi parea donna vedere andar per una landa cogliendo fiori |
Noi eravamo tutti intenti alle note, quando ecco che arrivò il vecchio dignitoso che gridava: | Noi eravam tutti fissi e attenti a le sue note ed ecco il veglio onesto gridando: |
Vieni a vedere la tua città di Roma che piange, vedova e abbandonata, e giorno e notte invoca: | Vieni a veder la tua Roma che piagne vedova e sola, e dì e notte chiama: |
e sopra di me risplendette tanta grazia che io liberai i villaggi circostanti dall'empia religione pagana che traviò il mondo | e tanta grazia sopra me relusse, ch’io ritrassi le ville circunstanti da l’empio cólto che ‘l mondo sedusse |
Tu giungerai all'approdo per un'altra via, per altri porti, non certo qui per passare | Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare |
Molti rifiutano le cariche pubbliche | Molti rifiutan lo comune incarco |
ecco perché se ne andò senza parlarmi, come io credo: e questo mi ha reso più pietoso verso di lui | ond’el sen gio sanza parlarmi, sì com’io estimo: e in ciò m’ha el fatto a sé più pio |
Su di essa tu hai letto la scritta minacciosa: e già da essa sta scendendo lungo la china un messo celeste, che passa per i Cerchi senza scorta, che farà in modo di aprirci il passaggio | Sovr’essa vedestù la scritta morta: e già di qua da lei discende l’erta, passando per li cerchi sanza scorta, tal che per lui ne fia la terra aperta |
Voglio che Buoso corra carponi per questo luogo, come ho fatto io | I’ vo’ che Buoso corra, com’ho fatt’io, carpon per questo calle |
Ma nel cappuccio si annida un tale uccello, che se fosse visto dal popolo questo capirebbe quanto valgono le indulgenze in cui sperano | Ma tale uccel nel becchetto s’annida, che se ’l vulgo il vedesse, vederebbe la perdonanza di ch’el si confida |
Noi siamo usciti fuori dal Cielo più esteso che è fatto di pura luce:una luce intellettuale, piena d'amore | Noi siamo usciti fore del maggior corpo al ciel ch’è pura luce: luce intellettual, piena d’amore |
Ma poiché Dio vuole che la sua grazia traspaia così tanto attraverso di te, non rifiuterò la tua domanda | Ma da che Dio in te vuol che traluca tanto sua grazia, non ti sarò scarso |
Nell'altro modo si dimentica invece quell'amore naturale e anche il vincolo speciale di fedeltà che si crea tra le persone | Per l’altro modo quell’amor s’oblia che fa natura, e quel ch’è poi aggiunto, di che la fede spezial si cria |
e io iniziai a parlare, poiché così voleva | e io incominciai, poscia ch’ei volse |
Con la mano sinistra scacciava spesso il fumo dal volto e ciò sembrava il suo unico fastidio | Dal volto rimovea quell’aere grasso, menando la sinistra innanzi spesso e sol di quell’angoscia parea lasso |
E come le ninfe vagavano da sole fra le ombre dei boschi, alcune desiderando di vedere il sole e altre di sfuggirlo, allora la donna iniziò a risalire il fiume, costeggiandone la riva | E come ninfe che si givan sole per le salvatiche ombre, disiando qual di veder, qual di fuggir lo sole, allor si mosse contra ‘l fiume, andando su per la riva |
io gli risposi: | diss’io lui: |
Dunque, perché la tua voce, che allieta sempre il Cielo col canto di quegli angeli che si ammantano di sei ali, non esaudisce i miei desideri | Dunque la voce tua, che ‘l ciel trastulla sempre col canto di quei fuochi pii che di sei ali facen la coculla, perché non satisface a’ miei disii |
Perciò io chiedo perdono al mio alloro se, dopo molti anni, volli fuggire dai suoi rami che mi suscitavano amore appena incominciai a comprendere la mia situazione. | Ond' io cheggio perdono a queste frondi, se rivolgendo poi molt' anni il cielo, fuggir disposi gl' invescati rami tosto ch' i' 'ncominciai di veder lume. |
Se tu segui la tua stella, non puoi non raggiungere i tuoi obiettivi letterari e politici, se ho inteso bene quando ero in vita | Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorioso porto, se ben m’accorsi ne la vita bella |
Dimmi, chi ti assicura che quei miracoli siano davvero avvenuti | Di’, chi t’assicura che quell’opere fosser |
Ma la popolazione, che oggi è mescolata con gli abitanti di Campi Bisenzio, Certaldo, Figline Valdarno, era allora pura fino all'ultimo degli artigiani | Ma la cittadinanza, ch’è or mista di Campi, di Certaldo e di Fegghine, pura vediesi ne l’ultimo artista |
La povera donna, tra tutti questi, sembrava dire: | La miserella intra tutti costoro pareva dir: |
E quando gli spigoli di quella porta sacra, fatti di metallo massiccio, furono girati nei loro cardini, emisero uno stridore più forte della rupe Tarpea, non appena le fu sottratto il buon Metello, per cui poi fu privata del suo tesoro | E quando fuor ne’ cardini distorti li spigoli di quella regge sacra, che di metallo son sonanti e forti,non rugghiò sì né si mostrò sì acra Tarpea, come tolto le fu il buono Metello, per che poi rimase macra |
a tal punto che iniziò subito a custodire la vigna di Cristo, che diventa presto secca se il vignaiolo trascura il suo dovere | tal che si mise a circuir la vigna che tosto imbianca, se ‘l vignaio è reo |
Dacci oggi la nostra manna quotidiana, senza la quale in questo aspro deserto chi più cerca di avanzare, tanto più cammina a ritroso | Dà oggi a noi la cotidiana manna, sanza la qual per questo aspro diserto a retro va chi più di gir s’affanna |
Tu pensi ancora di essere al di là del centro della Terra, dove io mi sono aggrappato al pelo dell'orrendo animale che guasta il mondo | Tu imagini ancora d’esser di là dal centro, ov’io mi presi al pel del vermo reo che ’l mondo fóra |
Così disse quel beato ardente di carità | Così spirò di quello amore acceso |
Figliolo, vieni via, perché il tempo che ci è concesso deve essere speso in modo più utile | Figliuole, vienne oramai, ché ‘l tempo che n’è imposto più utilmente compartir si vuole |
infatti io fui dei monti tra Urbino e la cima da cui nasce il Tevere | ch’io fui d’i monti là intra Orbino e ’l giogo di che Tever si diserra |
E questo è anche quello che si vede fare a ciascuno, dato che preferisce mettersi insieme con quelli più numerosi e più buoni, che non amano stare separati, se proprio non vengano messi con i malvagi. | E ciò vedemo fare a ciascheduno, ch'el si mette 'n comuno più volenteri tra li assai e boni, che non stan sol', se 'n ria parte no i poni. |
ma non capisco perché Dio abbia voluto scegliere questo modo per redimerci | ma perché Dio volesse, m’è occulto, a nostra redenzion pur questo modo |
e un'altra lo legò attorno alle braccia, annodandosi strettamente davanti, al punto che non poteva fare un solo movimento | e un’altra a le braccia, e rilegollo, ribadendo sé stessa sì dinanzi, che non potea con esse dare un crollo |
Che dico? | Che parlo? |
Vende la loro carne quando sono ancora vivi | Vende la carne loro essendo viva |
E quanto il destino abbatté l'altezza dei Troiani che ambiva a qualunque cosa, così che il regno fu distrutto e il re ucciso, Ecuba dopo aver visto che Polissena era stata uccisa e si fu accorta con dolore della morte di Polidoro in riva al mare, si mise a latrare come un cane, fuori di sé | E quando la fortuna volse in basso l’altezza de’ Troian che tutto ardiva, sì che ’nsieme col regno il re fu casso, Ecuba trista, misera e cattiva, poscia che vide Polissena morta, e del suo Polidoro in su la riva del mar si fu la dolorosa accorta, forsennata latrò sì come cane |
Non appena mi trovai nella quinta Cornice, vidi anime che piangevano e che giacevano tutte col viso rivolto a terra | Com’io nel quinto giro fui dischiuso, vidi gente per esso che piangea, giacendo a terra tutta volta in giuso |
E quella che copre con le trecce sciolte le mammelle, che tu non vedi, e ha ogni parte pelosa dall'altra parte, è Manto, che vagò per molte terre | E quella che ricuopre le mammelle, che tu non vedi, con le trecce sciolte, e ha di là ogne pilosa pelle, Manto fu, che cercò per terre molte |
Si trovano nel mondo alcuni animali con uno sguardo così forte, da non temere neanche la visione diretta del disco solare. | Son animali al mondo de sí altera vista che 'ncontra 'l sol pur si difende. |
E lui: | Ed elli: |
E di lì uscimmo per rivedere le stelle | E quindi uscimmo a riveder le stelle |
e di fronte al più antico padre di famiglia a soccorrerti, quando retrocedevi verso la selva oscura | e contro al maggior padre di famiglia siede Lucia, che mosse la tua donna, quando chinavi, a rovinar, le ciglia |
Dal margine esterno della Cornice, dove c'è il vuoto, fino ai piedi della parete rocciosa del monte, c'è una larghezza che corrisponde a tre corpi umani | Da la sua sponda, ove confina il vano, al piè de l’alta ripa che pur sale, misurrebbe in tre volte un corpo umano |
Non si arriverebbe, contando, al venti, così rapidamente come una parte degli angeli turbò il soggetto dei vostri elementi | Né giugneriesi, numerando, al venti sì tosto, come de li angeli parte turbò il suggetto d’i vostri alementi |
Lo stesso avviene quando qualcuno lo dimentica. | A simel pò valer quand'om l'oblia! |
Prima che avvisteremo la proda, sarai soddisfatto: è opportuno che tale desiderio sia appagato | Avante che la proda ti si lasci veder, tu sarai sazio: di tal disio convien che tu goda |
ma io scioglierò il legame in cui sono stretti i tuoi pensieri sottili | ma io discioglierò ‘l forte legame in che ti stringon li pensier sottili |
Mi rispose: | Rispuose: |
cosicché le pecorelle ignoranti tornano dal pascolo dopo essersi cibate di vento, e non è una scusante il fatto di non vedere il proprio danno | sì che le pecorelle, che non sanno, tornan del pasco pasciute di vento, e non le scusa non veder lo danno |
Non ti ricordi di quell'ultima sera | Non ti soven di quella ultima sera |
Non appena quelle liete accoglienze furono interrotte, prima ancora che le anime facessero un passo per allontanarsi, ognuna di esse gridava più che poteva:i nuovi arrivati gridavano: | Tosto che parton l’accoglienza amica, prima che ’l primo passo lì trascorra, sopragridar ciascuna s’affatica: la nova gente: |
O ricchezza sconosciuta | Oh ignota ricchezza |
e la sua forza vigorosa colpì gli sterpi eretici, con maggior forza là | e ne li sterpi eretici percosse l’impeto suo, più vivamente quivi dove le resistenze eran più grosse |
non ti dico nulla degli altri | e de li altri mi taccio |
allora lo pregai che mi elargisse il cibo di cui mi aveva suscitato il desiderio | per ch’io ’l pregai che mi largisse ’l pasto di cui largito m’avea il disio |
quando eravamo saliti un poco da dove avevamo incontrato l'angelo | poco amendue da l’angel sormontati |
così che il tuo cuore, per quanto gli riesce, si presenti gioioso alla schiera trionfante delle anime che vengono liete attraverso questo Cielo tondo e diafano | sì che ‘l tuo cor, quantunque può, giocondo s’appresenti a la turba triunfante che lieta vien per questo etera tondo |
quindi non attese la mia domanda, ma disse: | e però non attese mia dimanda, ma disse: |
e gli angeli, prodotti dall'atto puro, occuparono la parte più elevata dell'Universo | e quelle furon cima nel mondo in che puro atto fu produtto |
Da lì mi fu mostrata un'altra Bolgia | Indi un altro vallon mi fu scoperto |
visto che non c'era nessun altro rifugio | ché non lì era altra grotta |
ma la continua pioggia trasforma le vere susine in frutti vuoti e guasti | ma la pioggia continua converte in bozzacchioni le sosine vere |
Né allegra né triste, come chi temesse, ed non riesce a pensare ad altro. | Né lieta né dogliosa, come chi teme, ed altro mal non sente. |
La mia donna non si degna di volgere lo sguardo così in basso che si accorga della nostra poesia, giacché è lo stesso mio destino ad impedirlo, destino contro il quale per il lungo combattere sono ormai stanco: perciò, come si indurisce e inasprisce il mio cuore. | Ella non degna di mirar sí basso che di nostre parole curi, ché 'l ciel non vole, al qual pur contrastando i' son già lasso: onde come nel cor m'induro e 'naspro |
O anime sicure di vedere l'alta luce che è il solo oggetto del vostro desiderio, possa la grazia eliminare presto le schiume della vostra coscienza, così che il fiume della memoria scenda da essa con acque limpide | O gente sicura di veder l’alto lume che ‘l disio vostro solo ha in sua cura, se tosto grazia resolva le schiume di vostra coscienza sì che chiaro per essa scenda de la mente il fiume |
L'ordine e la struttura del cosmo furono concreate insieme | Concreato fu ordine e costrutto a le sustanze |